“È meglio una bionda tinta che uno st****o al naturale!” Con questa battuta, una donna in un locale capitolino, apostrofa uno spettatore che non ha evidentemente scelto il complimento migliore da farle ma ciò è bastato perché ne nascesse una canzone infarcita di doppi sensi, proprio come si usa negli spettacoli di cabaret, dove l’autore inizia parte del suo apprendistato. È anche un invito con leggerezza a non curarsi degli stereotipi, per cui tutte le donne debbano seguire certi canoni di bellezza e certi comportamenti ad esempio nel mangiare, senza voler ovviamente esaltare gli aspetti nocivi di una alimentazione sbagliata, di cui restano purtroppo talvolta vittime. È una canzone divertente che nel suo piccolo, tenta anche una denuncia contro il body shaming, contro l’effimera convinzione che per piacere agli altri, si debba negare la propria personalità. Il tutto è arrangiato al ritmo della musica messicana tradizionale tipica folk strumentale mariachi, con tromba e con chitarra allegra.
“Avevo molte riserve sul pubblicare o meno questo brano, che potrebbe sembrare al pubblico che mi conosce, distante dalla mia linea autorale. In realtà questo lato goliardico, ironico e scanzonato di vedere le cose, è l’altra parte di me. Non a caso da ragazzo, agli albori della mia carriera, la parte preponderante del mio lavoro artistico è stata proprio questa, infatti ho cominciato con piccoli spettacoli dal vivo in un cabaret che non lasciavano presagire che tipo di autore sarei diventato. Ci ho pensato a lungo, riflettuto e mi sono detto ma perché no? Perché non condividere con gli amici che mi seguono, quest’altra mia caratteristica? D’altro canto il cantautore che sono oggi, è il frutto dell’unione di questi miei due modi diversi ma univoci, di vedere la vita…”