Giornalisti? Dei che se ne vanno. Un’immensa folla di pubblicisti in concreto disoccupati. Iscritti all’Ordine che li riguarda giusto per mantenere uno status: io sono giornalista, quasi a rivendicare la dignità tipica del lavoratore – lo afferma Paolo Battaglia La Terra Borgese
Chi è il giornalista professionista?
È colui il quale di tale lavoro_professione vive, si mantiene economicamente – chiarisce Paolo Battaglia La Terra Borgese -. Ciò che lo differenzia dal giornalista pubblicista è che vive del solo lavoro di giornalista; dunque in un modo o nell’altro il giornalista professionista è un lavoratore dipendente da uno o più editori. Lascio all’immaginazione dei lettori ogni deduzione sul libero pensiero o sulla libera espressione.
Chi è l’editore?
È uno che intasca soldi pubblici – taglia corto Paolo Battaglia La Terra Borgese – in materia di finanziamenti e contributi, o che sta lavorando per ottenerli. Inoltre la Stampa (l’editore) è filo destroide oppure sinistroide, a volte ideologicamente, altre interessatamente.
Cosa è la libertà di stampa?
La descrivo con le parole dell’amica Wikipedia alla voce “Linea editoriale”: «Per linea editoriale si intendono i parametri di lavoro cui intende uniformarsi una redazione giornalistica (in un quotidiano, in un periodico, in un’emittente radiofonica o in un canale televisivo). La linea si attua su indicazione dell’editore, ovvero del proprietario del giornale, o di un suo rappresentante, il direttore editoriale. Essa riguarda sia la linea politica che il giornale persegue, ma anche quella economica e quella riguardante la visione della società e degli avvenimenti che ruotano attorno ad essa. Quale primo atto del suo insediamento, il direttore responsabile illustra all’assemblea dei redattori il programma politico-editoriale concordato con l’editore. Il direttore, garante della linea politica del giornale, deve coinvolgere il caporedattore ed i redattori.»
Quanto sopra sembra pluralismo, libertà. O no?
Chi lavora per la stampa destroide – risponde Battaglia La Terra Borgese – non può essere pro reddito di cittadinanza e chi lavora per la stampa sinistroide non può che produrre l’uguaglianza sociale e l’egualitarismo ritenuti dannosi da altri. Dunque la stessa libertà di stampa, così definita, è spaccio d’idee stupefacenti. Alias non esiste. E, del resto, chi sa scrivere può spendersi (come lavoratore giornalista) sia a destra che a sinistra, esattamente dove trova occupazione, per mantenere la propria famiglia, rinunciando, spesso e volentieri, alle proprie idee in favore della sussistenza propria e dei familiari.
Dunque nessun giornalista è libero?
Certamente sì. Ma esclusivamente se il giornalista e l’editore coincidono in pensiero; allora il giornalista è libero, come nel nobile o fortuito caso sinistroide di Marco Travaglio_Peter Gomez, o come in altri casi altrettanto nobili o fortuiti destroidi.
E quando, gli dei se ne vanno?
Quando certa politica pretende di dare “suggerimenti” al lavoro giornalistico. O quando apprendo di una coscienza artificiale: “Betapress sotto ATTACCO!!! Acqua in redazione”. O quando so, mi si comunica – precisa Paolo Battaglia La Terra Borgese – questo: https://betapress.it/betapress-sotto-attacco-acqua-in-redazione/. Allora mi preoccupo di mutamenti profondi se non addirittura irreversibili che sguazzano in caotiche situazioni sociali artate e peggiorative.
A poco a poco, in questa confusione babelica di lingue, cominciano ad incunearsi, con nuove capacità di controllare gli eventi, nuovi dei, che non sono più i giornalisti che abbiamo detto, sono altri dei, che dettano alla stampa, e perciò ai giornalisti, privando la società del prezioso lavoro che i giornalisti svolgono (o potrebbero svolgere) a tutela e garanzia dei principi democratici e dell’informazione – chiude asciutto Paolo Battaglia La Terra Borgese offrendo un ulteriore e profondo punto di riflessione: occorre innanzi tutto promuovere leggi (votando quei partiti che presentino programmi elettorali in tal senso) per difendere e soccorrere la stampa libera. Corre il dovere morale e sociale di regolare l’industria pubblicitaria e mediatica per garantire ai piccoli operatori indipendenti l’opportunità di competere con i grandi colossi. E occorre difendere la società dal rischio di perdere quei preziosi giornalisti che cambiano mestiere perché gli articoli sono retribuiti con una miseria.